venerdì 12 febbraio 2010

Patrioti dell'oggi e Vassalli del domani

Patrioti dell’oggi e vassalli del domani. Echeggiano grida e canti sulla strada bagnata, nella notte infetta di clamore. Timorati di Dio e suore ninfomani, sentimenti offuscati, caduti, spezzati. Il Coro greco echeggia nel teatro della notte, e Dionisio resta solitario alla fermata di un tram, tra un erezione e un alito cattivo di birra svenduta. Tormento dell’aria, tormento del sempre. Angoscia beata, misera. Me stesso: soldato rivoluzionario di una guerra Santa! Avversari invisibili, camuffati. Tecnologia impazzita, misantropia masturbata. Io disertore della mia età, colpevole, i miei versi risuonano nella notte come musica clandestina. Freddo e pioggia, gelo e nebbia. Ho sentito un richiamo di commozione provenire dalla terra del passato. La mia bussola segna verso Sud, verso la valle dei Templi, verso i secoli della commiserazione, al di là del reale, tra lamento e visi bagnati da pioggia invernale. E il paradiso è una frontiera sconosciuta, un luogo di mercenari in pensione. Spregiudicato. Fiume contaminato. Profanatore del tempo, santo dell’attimo, giullare rivoluzionario. Timorato e timoroso. Servo, plebeo, umile servitore dei miei istinti malsani, sottili, meravigliosi. Nell’istante sacro a contemplare l’orgasmo della mia indigenza.
LEI! Pensatrice dell’istante, Dea del desiderio, Musa della comprensione. Tra eternità e abbandono, in una piazza Sacra, vivendo sospesi tra blasfemia e paganesimo, tra un bacio e uno sguardo, tra un silenzio e un grido, tra felicità e amarezza, tra vita e morte: eternità dell’istante, di un amore sospeso, equilibrista. E il suo sguardo diveniva parola di un verso miracolato, redentore, essenziale. Tutto attorno: processione del Nulla!

martedì 26 gennaio 2010

Qualche commento

"ricordava gli occhi di lei,
e quegli occhi, in quell'istante, erano
persi a scrutare il volo di un gabbiano solitario,
impregnati di salsedine oceanica,
immersi nel suono di note zingare,
diseredate, smarrite".

Quando un uomo scrive un verso cosi', entra di diritto nel mondo dei sogni, della dolcezza, della fragilita' urlata e difesa, della bellezza allo stato puro.
In uno sconsolante panorama di falsi poeti, Davide Imbrogno e' un poeta vero. Che dire di piu'? Lo leggo e lo stimo profondamente.
"Scrivere una poesia e' facile, il difficile e' viverla", diceva Charles Bukowski. Davide Imbrogno vive quello che scrive. Lo sento, e lo respiro, come un profumo.

Enrico Nascimbeni
(cantautore, poeta e giornalista)


"La gloria dell'indigente" è stato l'ultimo libro che ho letto prima dell' "Isola dei famosi", e mi è molto piaciuto!

Vladimir Luxuria
(attrice, politica e scrittrice)


Davide Imbrogno è sicuramente uno scrittore rock.

Paolo Vites
(critico musicale, scrittore)


Ho letto "La gloria dell'indigente". E' un libro colmo d'effetto. Inizialmente ho pensato che un ragazzo di vent'anni dovrebbe sfruttare la capacità di raccontare, per affrontare mondi, contesti psicologici, che più somigliano a quell'età. E non storie di vite ostinate. Ma forse, è proprio questo il mondo d'Imbrogno.

Pupì Avatì
(regista)


Ho letto "La gloria del'indigente", il migliore racconto per me, è "Un uomo diretto verso valle". E' una vera storia, ben scritta.

Alessandro Carrera
(scrittore e saggista)

Intervista per maggie's farm

http://83.103.52.33/maggiesfarm/davidethesaint.htm

"Makes you wanna stop and read a book" di Paolo Vites

Come non ascolto dischi di musicisti italiani, così non leggo libri di scrittori italiani. Il poco che ho sfogliato (vabbè, ovvio, non parlo di Dante Alighieri o Alessandro Manzoni o Giacomo Leopardi, parlo di scrittori contemporanei e viventi) mi ha annoiato a morte. E quando leggo qualcosa, così come quando ascolto qualcosa per il mio piacere e non per meri motivi di lavoro vado a recuperare dischi di decenni fa, leggo libri di autori stranieri scritti decenni fa. Adesso, ad esempio, mi sto intrippando nell’opera omnia dell’inglese Graham Greene, autore che avevo sempre snobbato.
Qualche autore anglo-americano recente mi è piaciuto: Douglas Coupland, ovviamente; Jay McInerney pure. E Nick Hornby.
Mi piacciono perché hanno saputo trasferire nel loro modo di scrivere l’attitudine rock, essendo di una generazione – come la mia – cresciuta a nutella e rock’n’roll. Come le migliori canzoni rock, i loro libri non offrono filosofie, risposte, manifesti politici. Raccontano la realtà, e tanto basta. E poi hanno uno stile narrativo splendido, anch’esso mutuato dalle migliori canzoni rock.

Così qualche settimana fa ho fatto un’eccezione. Un ragazzo (italiano) mi ha mandato il suo libro, l’ho svogliatamente cominciato a leggere, poi l’ho divorato. Davide Imbrogno è sicuramente uno scrittore rock. È giovane, dovrà migliorare certi aspetti, curare meglio la forma, ma va bene così. La sua raccolta di racconti “La gloria dell’indigente” (Ibiskos Editrice Risolo; http://www.ibiskoseditricerisolo.it/catalogo_scheda.php?id=431) è bella assai. Naturalmente il mio preferito è “Materiali di età neroniana”, dove si parla di un critico musicale la cui carriera viene stroncata quando scrive una recensione di un concerto che in realtà non ha visto perché ha preferito andare con una ragazza. Il concerto viene annullato a sua insaputa, ma il suo articolo in cui si narrano le magnifiche gesta del gruppo rock verrà pubblicato. Oh, ne conosco di gente così, nel mio mestiere.
Davide è un romantico, per questo mi piace ancor di più. Ha un buon senso dell’ironia, la giusta dose di cinismo e non è qui per fare delle morali a nessuno. Racconta storie (realiste) di gente vista dentro a un pub o in una sala concerti o immaginata leggendo un articolo di giornale. E chiunque scriva una frase come questa: “Le menti varcarono la linea d’ombra. E quando i pensieri divennero immagine, la bellezza divenne dolore”, è un tipo in gamba.
Buon viaggio Davide.

Paolo Vites

“La gloria dell’indigente” è la raccolta di racconti di Davide Imbrogno.
A ventun anni, Imbrogno si guarda attorno con occhi arguti e disincantati, pronti a cogliere ogni sfumatura del mondo circostante, che descrive come un universo viziato e perverso, dove ogni singolo individuo può trovare forza solo in se stesso.
I suoi personaggi hanno un comune denominatore: sono figure disadattate, deluse, incerte che attendono il momento giusto per prendersi la rivincita sulla vita. A volte ci riescono, altre volte no.
Sono personaggi dal background difficile e tormentato, che si muovono in scenari metropolitani asettici e rudi.
Una scrittura forte e decisa caratterizza tutti i racconti, rendendo la lettura piacevole e coinvolgente.
(Recensione aphorism.it)

Tagliente come la lama di un rasoio, acida e disincantata eppure appassionata e appassionante, la prosa di Davide Imbrogno, ad onta della sua giovane età, dimostra una incredibile maturità ed un “vissuto” interiore di grande spessore. I racconti si susseguono serrati e potenti spaziando in ambientazioni diverse che pure sembrano legate ad un unico universo fatto di vizio e di decadenza che pure sembra possedere un’insolita e inaspettata purezza originaria. Una lettura avvincente che conquista e rapisce il pensiero restituendoci emozioni forti senza mai scivolare nel gratuito e nel volgare.
(Stefano Mecenate)